Voto:
9/10
Dalle sonorità di In Film Sound emerge tutta la frustrazione della Wright rispetto al costante aumento della povertà e della disuguaglianza sociale negli Stati Uniti. Problematiche che suscitano incredulità - soprattutto se parliamo dei cittadini di una delle più grandi potenze economiche mondiali - a tal punto da farti pensare che si tratti soltanto di un film. Da queste situazioni di sofferenza ha origine il titolo del suo nuovo disco che parte subito con volumi brutali.
Noise Parade è l’opener che ridimensiona le sue tendenze folk-rock
- paragonabili a quelle di PJ Harvey,
Lisa Germano e Nico - posseduto da una feroce sezione ritmica che viene eseguita
in modo magistrale dal bassista Todd Cook e dal batterista Kyle Crabtree, precursori del post-rock made in nineties nonché membri degli Shipping News. L’impetuosa stratificazione
sonora sembra attenuarsi in The Caustic Light, quando l’enfasi vocale della
primula di Jacksonville e gli accordi tenebrosi della sua Fender Jazzmaster, ricamano
le trame inquietanti di un ingannevole
thriller cinematografico, poi sottomesse all’inaudita violenza delle chitarre. Riprende fiato e il rumore svanisce nei sospiri e negli arrangiamenti
tetrici di Who’s Sorry Now? fatti di atmosfere intorbidite dal grigiore della solitudine:
“In the linger of night, so cold when I
only want someone to hold, and that’s why I’m afraid what you choose, you turn
me out, I have no say. Who’s sorry now? Now that
you’re alone.. Who’s sorry now? When you have no hope”, intensificando un
catalogo di sensazioni sconfortevoli che sprofonda nella rassegnazione dei suoi
versi.
L’unica composizione in grado di sedare totalmente la sconvolgente
e rabbiosa struttura dei brani precedenti è Bleed. Le profondità gutturali
della Wright incontrano morbide linee di pianoforte che traboccano di una malinconia
agghiacciante, immersa nell’oscura teatralità epica e lo stile neo-classico di Anja
Plaschg aka Soap&Skin.
I riff dinamici di Mire e soprattutto il successivo folk-metal
di Captive To Nowhere, risollevano quel maestuoso vortice sonico, alimentato
dalle travolgenti chitarre distorte che continuano la loro marcia inarrestabile
anche sulle note di They’ll Tear It Down.
E’ un disco con un intensità emotiva pazzesca. L’unico vero
trait d’union tra le canzoni é rappresentato dalla suggestiva bellezza
malinconica che amplifica il fascino di un opera passionale, sofisticata e
complessa, attraverso una vasta gamma di elementi sonori.
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